Arazzi Contemporanei
Yona Friedman
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Tetti

ISBN: 9788822900333,

2017,

pp. 440,

167x240mm,

Quodlibet

€ 28 
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Dopo una lunghissima gestazione, vede finalmente la luce Tetti. Scritto a partire dagli anni Settanta, raccoglie informazioni pratiche (testate per l’Unesco dall’autore stesso) sulla costruzione di tetti e ripari, che intendevano venire incontro alle esigenze materiali dei poveri nei Paesi del Terzo mondo. Si tratta di un’opera strutturata in modo composito, poiché costituita di manuali scritti autonomamente l’uno dall’altro, e felicemente rappresentativa della maturità di Friedman, che già in quegli anni aveva deciso di focalizzare i suoi interventi sulle modalità di inclusione degli abitanti nella progettazione del loro habitat, in quanto «la partecipazione non è spontanea e non può essere rivendicata di punto in bianco». Se Utopie realizzabili rappresenta la summa teorica di questo intenso periodo dell’architetto franco-ungherese, i manuali costituiscono il principale strumento comunicativo destinato a rendere concrete quelle utopie. I manuali si compongono di disegni essenziali, «da lavagna», che possono essere letti e interpretati anche da persone illetterate – circostanza che convinse Indira Gandhi a stamparne un grande numero di copie e contribuì all’istituzione del Museum of Simple Technology fondato da Friedman a Madras, l’attuale Chennai, alla metà degli anni Ottanta. In Tetti, l’autore sottopone all’attenzione dei suoi lettori il dato di fatto che i diversi problemi delle città moderne sono il risultato di atteggiamenti irresponsabili nei confronti della terra. Questa tesi, come Andrea Bocco spiega nel saggio in chiusura del volume, era perfettamente in linea con il pensiero di alcuni architetti (fra i quali ricordiamo Christopher Alexander, Enzo Mari, Victor Papanek e Bernard Rudofsky) che in quel momento storico esprimevano una forte critica verso la società industriale. Inoltre, l’autoprogettazione che Friedman ha sempre cercato di promuovere era in sintonia anche con l’idea di convivialità perseguita dal suo «compagno segreto», Ivan Illich. Questo irregolare pensatore mitteleuropeo, con cui in quegli anni aveva stretto amicizia, riteneva infatti che la convivialità fosse «il contrario della produttività industriale», e che l’architettura potesse essere, appunto, uno strumento conviviale, in grado di consentire agli uomini di partecipare attivamente alla creazione della vita sociale. Creandola con le proprie mani. «I problemi della casa non riguardano solo i poveri. Vogliamo proporre soluzioni interessanti per tutte le società. Ma poiché dobbiamo stabilire delle priorità, abbiamo privilegiato le tecniche accessibili alle persone più povere».
Dopo una lunghissima gestazione, vede finalmente la luce Tetti. Scritto a partire dagli anni Settanta, raccoglie informazioni pratiche (testate per l’Unesco dall’autore stesso) sulla costruzione di tetti e ripari, che intendevano venire incontro alle esigenze materiali dei poveri nei Paesi del Terzo mondo. Si tratta di un’opera strutturata in modo composito, poiché costituita di manuali scritti autonomamente l’uno dall’altro, e felicemente rappresentativa della maturità di Friedman, che già in quegli anni aveva deciso di focalizzare i suoi interventi sulle modalità di inclusione degli abitanti nella progettazione del loro habitat, in quanto «la partecipazione non è spontanea e non può essere rivendicata di punto in bianco». Se Utopie realizzabili rappresenta la summa teorica di questo intenso periodo dell’architetto franco-ungherese, i manuali costituiscono il principale strumento comunicativo destinato a rendere concrete quelle utopie. I manuali si compongono di disegni essenziali, «da lavagna», che possono essere letti e interpretati anche da persone illetterate – circostanza che convinse Indira Gandhi a stamparne un grande numero di copie e contribuì all’istituzione del Museum of Simple Technology fondato da Friedman a Madras, l’attuale Chennai, alla metà degli anni Ottanta. In Tetti, l’autore sottopone all’attenzione dei suoi lettori il dato di fatto che i diversi problemi delle città moderne sono il risultato di atteggiamenti irresponsabili nei confronti della terra. Questa tesi, come Andrea Bocco spiega nel saggio in chiusura del volume, era perfettamente in linea con il pensiero di alcuni architetti (fra i quali ricordiamo Christopher Alexander, Enzo Mari, Victor Papanek e Bernard Rudofsky) che in quel momento storico esprimevano una forte critica verso la società industriale. Inoltre, l’autoprogettazione che Friedman ha sempre cercato di promuovere era in sintonia anche con l’idea di convivialità perseguita dal suo «compagno segreto», Ivan Illich. Questo irregolare pensatore mitteleuropeo, con cui in quegli anni aveva stretto amicizia, riteneva infatti che la convivialità fosse «il contrario della produttività industriale», e che l’architettura potesse essere, appunto, uno strumento conviviale, in grado di consentire agli uomini di partecipare attivamente alla creazione della vita sociale. Creandola con le proprie mani. «I problemi della casa non riguardano solo i poveri. Vogliamo proporre soluzioni interessanti per tutte le società. Ma poiché dobbiamo stabilire delle priorità, abbiamo privilegiato le tecniche accessibili alle persone più povere».

ISBN: 9788822900333,

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About the author

Yona Friedman (1923-2020), architetto, si è formato assistendo, tra le altre, ad alcune importanti conferenze di Werner Heisenberg e Károly Kerényi. Dopo la seconda guerra mondiale, che lo vede attivo nella resistenza antinazista, si trasferisce e lavora per circa un decennio a Haifa, in Israele. Dal 1957 vive a Parigi. Ha insegnato in numerose università americane, e ha collaborato con l’Onu e l’Unesco. La sua intensa attività saggistica spazia dall’architettura alla fisica, dalla sociologia alla matematica. Negli ultimi anni Friedman è stato invitato alla undicesima edizione dei Documenta di Kassel e a diverse Biennali di Arti visive di Venezia. Alla sua opera è dedicato il volume: Yona Friedman, Manuel Orazi, The Dilution of Architecture, edited by Nader Seraj, Park Books, Zürich 2015.

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