Arazzi Contemporanei
Emanuele Quinz
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Contro l’oggetto

ISBN: 9788822903266,

2020,

pp. 320+XVI,

167x240 mm,

colour,

Quodlibet

€ 28 
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«Abitualmente, il design è destinato a rassicurarci, a confortarci, e non a destabilizzarci. Ma esiste anche un design degli oggetti esigenti, che non ci lasciano tranquilli, che ci pongono delle domande». Robert Stadler «“È impossibile definire il design”. Sempre più spesso ci imbattiamo in questa affermazione, da parte di critici e storici del design. Un vezzo? o l’ammissione di un’impossibilità reale – di identificare e delimitare le frontiere di un fenomeno troppo esteso o sfuggente. Come se non si trattasse più di una disciplina all’interno di un sistema delle arti, di un settore professionale e produttivo all’interno di un sistema economico, di un campo di tecniche, concetti, pratiche e tradizioni all’interno di un orizzonte culturale, ma al contrario di una nozione a cui si presta una forma di universalità: il design è tutte queste cose, e molto di più». È dunque, strategicamente, attraverso una serie di conversazioni che Emanuele Quinz ci offre in questo volume un’analisi comparata di questa disciplina in costante mutamento. L’autore si avvale della propria formazione storica per penetrare nei processi creativi indissolubilmente legati all’arte, e quindi non vincolati a finalità strettamente funzionali. Paradossalmente, infatti, molta parte del design recente nasce contro l’idea del design come produzione ad infinitum di oggetti commerciali, a partire dalla decisiva mostra Italy: The New Domestic Landscape, tenutasi al MoMA di New York nel 1972, che portò alla ribalta la cosiddetta architettura radicale italiana. Le personalità qui interpellate costituiscono dunque uno spaccato generazionale che va dai pionieri del «controdesign» di allora, come Ugo La Pietra e Gianni Pettena, ai rappresentanti del design concettuale olandese e del Critical Design degli anni Novanta, fino ad alcuni fra i principali autori dell’odierna scena internazionale, come Martino Gamper, i fratelli Bouroullec o Matali Crasset. Il quadro che viene così a comporsi fa chiarezza sulla natura del design del XXI secolo, senza rinunciare a sottolineare non solo la pluralità delle posizioni, ma anche la trasmigrazione delle idee resa possibile dallo status peculiare di questa materia felicemente intermedia fra arte e industria che si avvia a essere sempre più determinante anche per le sorti dell’architettura e dell’urbanistica del nostro tempo.
«Abitualmente, il design è destinato a rassicurarci, a confortarci, e non a destabilizzarci. Ma esiste anche un design degli oggetti esigenti, che non ci lasciano tranquilli, che ci pongono delle domande». Robert Stadler «“È impossibile definire il design”. Sempre più spesso ci imbattiamo in questa affermazione, da parte di critici e storici del design. Un vezzo? o l’ammissione di un’impossibilità reale – di identificare e delimitare le frontiere di un fenomeno troppo esteso o sfuggente. Come se non si trattasse più di una disciplina all’interno di un sistema delle arti, di un settore professionale e produttivo all’interno di un sistema economico, di un campo di tecniche, concetti, pratiche e tradizioni all’interno di un orizzonte culturale, ma al contrario di una nozione a cui si presta una forma di universalità: il design è tutte queste cose, e molto di più». È dunque, strategicamente, attraverso una serie di conversazioni che Emanuele Quinz ci offre in questo volume un’analisi comparata di questa disciplina in costante mutamento. L’autore si avvale della propria formazione storica per penetrare nei processi creativi indissolubilmente legati all’arte, e quindi non vincolati a finalità strettamente funzionali. Paradossalmente, infatti, molta parte del design recente nasce contro l’idea del design come produzione ad infinitum di oggetti commerciali, a partire dalla decisiva mostra Italy: The New Domestic Landscape, tenutasi al MoMA di New York nel 1972, che portò alla ribalta la cosiddetta architettura radicale italiana. Le personalità qui interpellate costituiscono dunque uno spaccato generazionale che va dai pionieri del «controdesign» di allora, come Ugo La Pietra e Gianni Pettena, ai rappresentanti del design concettuale olandese e del Critical Design degli anni Novanta, fino ad alcuni fra i principali autori dell’odierna scena internazionale, come Martino Gamper, i fratelli Bouroullec o Matali Crasset. Il quadro che viene così a comporsi fa chiarezza sulla natura del design del XXI secolo, senza rinunciare a sottolineare non solo la pluralità delle posizioni, ma anche la trasmigrazione delle idee resa possibile dallo status peculiare di questa materia felicemente intermedia fra arte e industria che si avvia a essere sempre più determinante anche per le sorti dell’architettura e dell’urbanistica del nostro tempo.

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About the author

Emanuele Quinz (Bolzano, 1973) è storico dell’arte e curatore. Professore associato all’Université Paris 8 e ricercatore associato all’EnsadLab (École nationale supérieure des Arts Décoratifs), le sue ricerche esplorano le zone di frontiera tra le diverse discipline artistiche. Ha pubblicato Il cerchio invisibile. Ambienti, sistemi, dispositivi (Mimesis, 2014; Les presses du réel, 2017), Strange Design (con Jehanne Dautrey, It: éditions, 2014), Behavioral Objects (con Samuel Bianchini, Sternberg Press, 2017). Collabora regolarmente con centri d’arte e istituzioni internazionali come il Centre Pompidou, il Centre Pompidou-Metz e l’Uqàm di Montréal. Come curatore ha diretto diversi progetti di ricerca ed esposizioni internazionali, tra cui Invisibile (Siena, 2004), Dysfashional (con Luca Marchetti, Lussemburgo, Losanna, Parigi, Berlino, Mosca, Giacarta, 2007-2011) e Basic Instincts (con Luca Marchetti, Berlino, Arnhem, Shenzhen, 2011-2012).

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